giovedì 28 dicembre 2017

Childe Rowland






La prima fiaba che vi presento è la storia di "Childe Rowland," un giovane valoroso che dopo molte peripezie libera la sorella dalle grinfie del crudele re degli elfi, riuscendo là dove i suoi due fratelli maggiori avevano fallito. La sua versione più popolare, che è quella che vi propongo, fu scritta dallo studioso di cultura e letteratura popolare Joseph Jacobs nella raccolta intitolata English Fairy Tales, pubblicata nel 1890.

La storia deriva da un'antica ballata scozzese, e questo spiega l'alternarsi di versi e prosa nella versione scritta. Altri elementi che testimoniano la sua appartenenza alla tradizione orale sono le ripetizioni di parole, per indicare il passaggio del tempo o la distanza, o di intere frasi per connotare situazioni e personaggi.

La ballata originale era così conosciuta che lo stesso Shakespeare la cita in una delle sue tragedie più conosciute: King Lear (atto 3, scena 4 - 1606), e già nel 1855 il poeta romantico Browning si era ispirato ad essa per comporre il suo poema "Childe Roland to the Dark Tower Came," che a sua volta ha ispirato il ciclo di romanzi di Sephen King intitolato appunto Dark Tower.









Childe Rowland









CHILDE Rowland con i fratelli gemelli

A palla stava giocando,

E c'era anche Burd1 Ellen, la bella sorella

Che in mezzo a loro stava correndo.


CHILDE Rowland diede un calcio alla palla
E col ginoccho la fece rimbalzare,
E alla fine tuffandosi in mezzo ai fratelli
Sopra la chiesa la fece volare.


Burd Ellen corse intorno alla chiesa
Per cercare la palla smarrita
Ma a lungo essi l'attesero, per tanto tempo,
Ma la sorella sembrava sparita.

Andarono a cercarla in ogniddove
La cercarono a est e ovest, in su e giù,
E i loro cuori erano colmi di dolore,
Perché Burd Ellen non ritrovarono mai più.


Così alla fine il fratello maggiore andò dal mago Merlino2 e gli raccontò il caso, e gli chese se sapesse dove fosse Burd Ellen. “La bella Burd Ellen,” disse il mago Merlino, “deve essere stata rapita dalle fate, perché ha corso intorno alla chiesa nel verso sbagliato3 – quello opposto al corso del sole. Adesso si trova nella Torre Nera, del re di Elfland, solo il più coraggioso cavaliere della cristianità potrebbe riportarla a casa.”
Se è possibile riportarla a casa,” disse il fratello, “lo farò, o morirò nel tentativo.”
Possibile è possibile,” disse il mago Mrlino, “ma guai all'uomo o al figlio di mamma che ci vuol provare se prima non gli viene insegnato quello che deve fare.”
Il fratello maggiore di Burd Ellen non era tipo di rinunciare, per paura del pericolo, a tentare di riportarla a casa, così pregò mago Merlino di dirgli quello che doveva fare e quello che non doveva fare quando sarebbe andato a cercare sua sorella. E dopo aver appreso e ripetuto la sua lezione, partì alla volta di Elfland.

Ma lunga fu l'attesa, tanto tempo passò,
Nel dubbio e in grande sofferenza,
Ma il dolore i cuori dei frtelli squassò,
Perché il maggiore a casa non ritorna.

Il secondo fratello era sempre più stanco di aspettare e andò dal mago Merlino e gli chiese le stesse cose dell'altro fratello. Così partì alla ricerca di Burd Ellen.

Ma lunga fu l'attesa, tanto tempo passò,
Nel dubbio e in grande sofferenza,
E il dolore il cuore della madre e del fratello squassò,
Perché lui a casa non ritorna.

E dopo che ebbero atteso e atteso ancora per un bel pezzo, Childe Rowland4, il più giovane dei fratelli di Burd Ellen, decise di partire e si presentò da sua madre, la buona reggina, per chiederle lasciarlo andare. Ma dapprincipio lei non acconsentì, perché quello era l'ultimo e il più caro dei suoi figli, e se avesse perso lui, avrebbe perso tutto. Ma lui pregò e pregò, finché alla fine la buona reggina lo lasciò andare e gli diede la valorosa spada5 del padre che non aveva mai colpito invano, e gliela legò in vita e recitò l'incantesimo che gli avrebbe dato la vittoria.



Così Childe Rowland disse addio alla buona reggina, sua madre, e andò alla caverna del mago Merlino. “Ancora una volta, e una volta soltanto,” disse al mago, “dimmi come un uomo o un figlio di mamma possa liberare Burd Ellen e i suoi fratelli gemelli.”

Ebbene, figlio mio,” disse il mago Merlino, “sono solo due cose, semplici possono apparire, ma difficili da compiere essse sono. Una cosa si deve fare e una cosa non si deve fare. E la cosa da fare è questa: quando sei arrivato nella terra delle fate, chiunque parli con te, prima che tu incontri Burd Ellen, brandisci la spada di tuo padre e tagliagli la testa6. E questo è quello che non devi fare: non mangiare nemmeno una briciola e non bere nemmeno una goccia, per quanto tu possa avere fame o sete; bevi una goccia o mangia una briciola mentre sei ad Elfland, e non rivedrai mai più la terra di mezzo7.” 


 
Così Childe Rowland ripetè quelle due cose tante volta finché non le ebbe imparate a memoria, poi ringraziò il mago Merlino e se ne andò per la sua strada. E camminò, camminò e camminò ancora, finché incontrò il guardiano dei cavalli del re di Elfalnd che stava pascolando i suoi cavalli. Li riconobbe dai loro occhi di fuoco e capì che era finalmente arrivato nel paese delle fate. “Potresti dirmi,” chiese Childe Roland al guardiano dei cavalli, “dov'è la Torre Nera del re di Elfland?” “Non poso dirtelo,” rispose il guardiano dei cavalli, “ma vai un po' più avanti e incontrerai il guardiano delle vacche e lui, forse, te lo potrà dire.”

Allora, senza aggiungere una parola, Childe Rowland sguainò la sua valorosa spada che non colpiva mai in vano, e la testa del guardiano di cavalli cadde giù, e Childe Rowland proseguì per la sua strada finché arrivò dal guardiano delle vacche e gli fece la stessa domanda. “Non posso dirtelo,” gli rispose, “ma vai un po' più avanti e incontrerai la guardiana delle galline, e lei di sicuro lo sa.” Allora Childe Rowland, tirò fuori la sua valorosa spada che non colpiva mai in vano, e la testa del guardiano delle vacche cadde giù. 

  

E proseguì ancora un po' finché arrivò da una vecchia con un mantello grigio e le chiese se sapesse dove era la Torre Nera del re di Elfland. “Và avanti ancora un po',” disse la guardiana delle galline, “finché arrivi ad una collina verde e rotonda, circondata da anelli di terrazze, da cima a fondo8, giragli intorno tre volte nel verso opposto a quello del sole, e ripeti ogni volta:



Apriti, porta! Apriti, porta!

E lasciami entrare,”



e la terza volta la porta si aprirà, e tu potrai entrare.” E Childe Rowland stava per andarsene, quando si ricordò ciò che doveva fare, così tirò fuori la sua valorosa spada che non colpiva mai in vano, e la testa della guardiana delle galline cadde giù.


Allora camminò, camminò e camminò finchè arrivò alla collina verde e rotonda circondata da anelli di terrazze, da cima a fondo, e gli girò intorno tre volte, nel verso opposto a quello del sole, ripetendo ogni volta:



Apriti, porta! Apriti, porta!

E lasciami entrare.”



E la terza volta la porta si aprì, e lui entrò, e la porta si chiuse di scatto e Childe Rowland rimase al buio.






Non era esattamente buio, ma una specie di crepuscolo o penombra. Non c'erano nè finestre nè candele e il giovane Rowland non riusciva a capire da dove arrivasse quella luce crepuscolare, se non attraverso le pareti o il soffitto. Questi erano formati da archi irregolari fatti di roccia trasparente, incrostati di cristalli di mica e spato, e altre pietre luccicanti. Ma nonostante la roccia, l'aria era tiepida, come sempre ad Elfland. Così attraversò quel corridoio finché arrivò a due porte pieghevoli, grandi e alte, che erano socchiuse. E quando le aprì, gli si presentò davanti agli occhi uno spettacolo meraviglioso e senza pari. Una sala grande e spaziosa, così grande che sembrava essere lunga e larga quanto quella stessa collina verde. Il soffitto era sostenuto da cinque pilastri, così grandi e alti, che i pilastri di una cattedrale erano niente al confronto. Erano d'oro e d'argento, tutti intarsiati, e fra l'uno e l'altro e intorno a ciascuno c'erano corone di fiori fatte, indovinate di che? Ebbene, di diamanti e smeraldi, e ogni specie di pietre preziose. E le stesse chiavi di volta degli archi avevano per ornamento grappoli di diamanti e rubini e perle e altre pietre preziose. E tutti questi archi si incontravano nel centro del soffitto e proprio lì, appesa ad una catena d'oro, ecco un'immensa lampda ricavata da una grande perla scavata e perfettamente trasparente. E nel mezzo di quella lampada c'era un enorme carbonchio, che continuava aruotare intorno a sé, ed era proprio questo che con i suoi raggi illuminava l'intera sala, e sembrava che lì dentro stesse splendendo il sole al tramonto.

La sala era arredata in modo altrettanto magnifico, e ad una estremità c'era uno splendido divano di velluto, seta e oro e lì era seduta Burd Ellen, che pettinava i suoi capelli d'oro con un pettine d'argento. E quando vide Childe Rowland si alzò in piedi e disse:


Che Dio abbia pietà di te, povero sciocco infelice,
Cosa ci fai qui?


Ascoltami, mio giovane fratello,
Perché non sei rimasto a casa?
Anche se tu avessi centomila vite
Non potresti salvarne una.


Ma siediti; ma sciagura, oh, sciagura, Il giorno che sei nato,
Perché quando arriverà il re di Elfland,
la tua sorte sarà segnata.”



Così sedettero insieme e Childe Rowland le raccontò tutto quello che aveva fatto e lei gli raccontò come gli altri due fratelli avessero raggiunto la Torre Nera e fossero caduti vittime degli incantesimi del re degli elfi e giacevano lì dntro come morti. E dopo che ebbero parlato ancora un po' Childe Rowland iniziò ad aver fame a causa del suo lungo viaggio e disse a sua sorella Burd Ellen quanto fosse affamato e chiese del cibo, dimenticando completamente gli ammonimenti di mago Merlino.

Burd Ellen fissò tristemente Childe Rowland e scosse la testa, ma era sotto incantesimo e non poté metterlo in guardia. Così si alzò, uscì e ritornò immediatamente con una scodella d'oro piena di latte e pane.



Childe Rowland stava per portala alle labbra, quando guardò la sorella e ricordò perché aveva fatto tutta quella strada. Così buttò a terra la scodella e disse: “Niente berrò e niente mangerò finché Burd Ellen libera non sarà.”

Proprio in quel momento udirono un rumore di passi e una voce che gridava:



Fe, fi, fo, fum,

Sento odore di sangue cristiano,

Vivo o morto, con il mio brando,

Il suo cervello dalla testa farò volare lontano9.



E poi le porte pieghevoli della sala si spalancarono e il re di Elfland si precipitò dentro. “Colpisci, demone, se ne ne hai il coraggio,” gridò Childe Rowland e gli corse incontro con la sua valorosa spada che fino ad allora non aveva mai fallito. I due combatterono, combatterono e combatterono, finché Childe Rowland sconfisse il re di Elfland, e lo costrinse ad inginocchiarsi e a chiedere pietà. 


Te lo prometto,” disse Childe Roland, “libera mia sorella dai tuoi incantesimi, restituisci alla vita i miei fratelli e lasciaci andare tutti via, e io ti risparmierò.” “Va bene,” disse il re degli elfi, e dopo essersi alzato si avvicinò ad una cassapanca da cui prese una fiala piena di un liuuido rosso sangue. Con quello unse le orecchie, le palpebre, le narici, le labbra e la punta delle dita dei due fratelli che immediatamente ritornarono in vita e affermarono che le loro anime erano volate via ma ora erano ritornate. Il re degli elfi disse alcune parole a Burd Ellen e quella fu liberata dall'incantesimo, poi tutti e quattro uscirono dalla sala, attraversarono il passaggio e voltarono le spalle alla Torre Nera per non tornarvi mai più. Così arrivarono a casa e la buona regina madre e Burd Ellen non andarono mai più intorno alla chiesa nel verso sbagliato.

 FINE
                                        


    


   1 Burd: possibili etimologie Bird, Beird, Brid, Burd = giovane nobile o damigella (An Ethmological Dictionary of the Scottish Language – a cura di Jhon Jamieson, 1808).
    2 Il riferimento a mago Merlino ha fatto pensare ad una sorta di spin-off del ciclo arturiano, altri critici pensano che il riferimento a Merlino sia una sorta di onomatopea, essendo Merlino il mago per eccellenza.
    3 In originale: "widershins" = opposto al corso del sole. Nella tradizione    popolare si crede che i demoni si accostino al diavolo 'widdersins,' termine che perciò viene considerato foriero di malasorte.
     4 Il termine 'chlde' indicava un giovane di nobili origini.

     5 La spada infallibile fa pensare a Excalibur, la mitica spada di Artù e la buona reggina alla sua sposa Ginevra.

    6  L'ammonimento di Merlino si giustifica con la necessità di tenere segreto l'arrivo di Rowland nella terra delle fate.

     7 La proibizione di dividere il cibo con gli abitanti del regno dei morti ricorda miti molto più antichi, come quello di Proserpina, divinità dell'antica Grecia, che fu rapita dal dio degli inferi, Plutone, e fu costretta e rimanere con lui per sei mesi all'anno proprio per aver mangiato sei semi di melograno che il dio le aveva offerto. Questo mito serviva a spiegare l'alternanza delle stagioni: quando la dea dimorava agli inferi, infatti, la terra era spoglia, quando ritornava in superficie, la natura rifioriva. 
    La terra di mezzo è quella abitata dagli umani, a metà tra cielo e inferno

    8 La donna sta descrivendo quella che dovrebbe essere una tomba neolitica detta 'passage tomb' o tomba a corridoio, tipiche dell'Europa preistorica. In Scozia ed Irlanda vi sono mirabili ritrovamenti archeologici risalenti al 3000 avanti Cristo, ad opera di popolazioni pre-celtiche. Queste tombe consistono in un lungo corridoio, o passaggio, che conduce ad una o più camere sepolcrali e venivano poi ricoperte di terra fino a formare delle caratteristiche collinette. Che Elfland sia sotto una di queste colline, è un elemento tipico della mitologia celtica.

    9  Fi Fi Fo Fum: Shakespeare cita la ballata scozzese nel King Lear-- Lo stesso ritornello    compare anche nella più conosciuta fiaba di “Jack e la pianta di faggiolo.”
Child Rowland to the dark tower came;
His word was still
Fie, foh, and fum!
I smell the blood of a British man.