La
prima fiaba che vi presento è la storia di "Childe
Rowland,"
un
giovane valoroso che dopo molte peripezie libera la
sorella dalle grinfie del crudele re degli elfi, riuscendo là dove i
suoi due fratelli maggiori avevano fallito. La sua versione più
popolare, che
è quella che vi propongo,
fu scritta dallo studioso di cultura e letteratura popolare Joseph
Jacobs nella raccolta intitolata English
Fairy Tales,
pubblicata nel 1890.
La
storia deriva da un'antica ballata scozzese, e questo spiega
l'alternarsi di versi e prosa nella versione scritta. Altri elementi
che testimoniano la sua appartenenza alla tradizione orale sono le
ripetizioni di parole, per indicare il passaggio del tempo o la
distanza, o di intere frasi per
connotare situazioni e
personaggi.
La
ballata originale era così conosciuta che lo stesso Shakespeare la
cita in una delle sue tragedie più conosciute: King
Lear
(atto
3, scena 4 - 1606), e
già nel 1855 il poeta romantico Browning si era
ispirato
ad essa per comporre il suo poema "Childe Roland to the Dark
Tower Came," che
a sua volta ha ispirato il ciclo di romanzi di Sephen
King intitolato appunto Dark
Tower.
Childe Rowland
CHILDE
Rowland con i fratelli
gemelli
A
palla stava
giocando,
E
c'era anche Burd1
Ellen, la bella
sorella
Che
in mezzo a loro stava correndo.
CHILDE
Rowland diede un calcio alla palla
E
col ginoccho la fece rimbalzare,
E
alla fine tuffandosi in mezzo ai fratelli
Sopra
la chiesa la fece volare.
Burd
Ellen corse intorno alla chiesa
Per
cercare la palla smarrita
Ma
a lungo essi l'attesero, per tanto tempo,
Ma
la sorella sembrava sparita.
Andarono
a cercarla in ogniddove
La
cercarono a est e ovest, in su e giù,
E
i loro cuori
erano colmi di dolore,
Perché
Burd Ellen non ritrovarono mai più.
Così
alla fine il fratello maggiore andò dal mago Merlino2
e gli raccontò il caso, e gli chese se sapesse dove fosse Burd
Ellen. “La bella Burd Ellen,” disse il mago Merlino, “deve
essere stata rapita dalle fate, perché ha corso intorno alla chiesa
nel verso sbagliato3
– quello opposto al corso del sole. Adesso si trova nella Torre
Nera, del re di Elfland, solo il più coraggioso cavaliere della
cristianità potrebbe riportarla a casa.”
“Se
è possibile riportarla a casa,” disse il fratello, “lo farò, o
morirò nel tentativo.”
“Possibile
è possibile,” disse il mago Mrlino, “ma guai all'uomo o al
figlio di mamma che ci vuol provare se prima non gli viene insegnato
quello che deve fare.”
Il
fratello maggiore di Burd Ellen non era tipo di rinunciare, per paura
del pericolo, a tentare di riportarla a casa, così pregò mago
Merlino di dirgli quello che doveva fare e quello che non doveva fare
quando sarebbe andato a cercare sua sorella. E dopo aver appreso e
ripetuto la sua lezione, partì alla volta di Elfland.
Ma
lunga fu l'attesa, tanto tempo passò,
Nel
dubbio e in grande sofferenza,
Ma
il dolore i cuori dei frtelli squassò,
Perché
il maggiore a casa non ritorna.
Il
secondo fratello era sempre più stanco di aspettare e andò dal mago
Merlino e gli chiese le stesse cose dell'altro fratello. Così partì
alla ricerca di Burd Ellen.
Ma
lunga fu l'attesa, tanto tempo passò,
Nel
dubbio e in grande sofferenza,
E
il dolore il cuore della madre e del fratello squassò,
Perché
lui a casa non ritorna.
E
dopo che ebbero atteso e atteso ancora per un bel pezzo, Childe
Rowland4,
il più giovane dei fratelli di Burd Ellen, decise di partire e si
presentò da sua madre, la buona reggina, per chiederle lasciarlo
andare. Ma dapprincipio lei non acconsentì, perché quello era
l'ultimo e il più caro dei suoi figli, e se avesse perso lui,
avrebbe perso tutto. Ma lui pregò e pregò, finché alla fine la
buona reggina lo lasciò andare e gli diede la valorosa spada5
del padre che non aveva mai colpito invano, e gliela legò in vita e
recitò l'incantesimo che gli avrebbe dato la vittoria.
Così
Childe Rowland disse addio alla buona reggina, sua madre, e andò
alla caverna del mago Merlino. “Ancora una volta, e una volta
soltanto,” disse al mago, “dimmi come un uomo o un figlio di
mamma possa liberare Burd Ellen e i suoi fratelli gemelli.”
“Ebbene,
figlio mio,” disse il mago Merlino, “sono solo due cose, semplici
possono apparire, ma difficili da compiere essse sono. Una cosa si
deve fare e una cosa non si deve fare. E la cosa da fare è questa:
quando sei arrivato nella terra delle fate, chiunque parli con te,
prima che tu incontri Burd Ellen, brandisci la spada di tuo padre e
tagliagli la testa6.
E questo è quello che non devi fare: non mangiare nemmeno una
briciola e non bere nemmeno una goccia, per quanto tu possa avere
fame o sete; bevi una goccia o mangia una briciola mentre sei ad
Elfland, e non rivedrai mai più la terra di mezzo7.”
Così
Childe Rowland ripetè quelle due cose tante volta finché non le
ebbe imparate a memoria, poi ringraziò il mago Merlino e se ne andò
per la sua strada. E camminò, camminò e camminò ancora, finché
incontrò il guardiano dei cavalli del re di Elfalnd che stava
pascolando i suoi cavalli. Li riconobbe dai loro occhi di fuoco e
capì che era finalmente arrivato nel paese delle fate. “Potresti
dirmi,” chiese Childe Roland al guardiano dei cavalli, “dov'è la
Torre Nera del re di Elfland?” “Non poso dirtelo,” rispose il
guardiano dei cavalli, “ma vai un po' più avanti e incontrerai il
guardiano delle vacche e lui, forse, te lo potrà dire.”
Allora,
senza aggiungere una parola, Childe Rowland sguainò la sua valorosa
spada che non colpiva mai in vano, e la testa del guardiano di
cavalli cadde giù, e Childe Rowland proseguì per la sua strada
finché arrivò dal guardiano delle vacche e gli fece la stessa
domanda. “Non posso dirtelo,” gli rispose, “ma vai un po' più
avanti e incontrerai la guardiana delle galline, e lei di sicuro lo
sa.” Allora Childe Rowland, tirò fuori la sua valorosa spada che
non colpiva mai in vano, e la testa del guardiano delle vacche cadde
giù.
E
proseguì ancora un po' finché arrivò da una vecchia con un
mantello grigio e le chiese se sapesse dove era la Torre Nera del re
di Elfland. “Và avanti ancora un po',” disse la guardiana delle
galline, “finché arrivi ad una collina verde e rotonda, circondata
da anelli di terrazze, da cima a fondo8,
giragli intorno tre volte nel verso opposto a quello del sole, e
ripeti ogni volta:
“Apriti,
porta! Apriti, porta!
E
lasciami entrare,”
e
la terza volta la porta si aprirà, e tu potrai entrare.” E
Childe Rowland stava per andarsene, quando si ricordò ciò che
doveva fare, così tirò fuori la sua valorosa spada che non
colpiva mai in vano, e la testa della guardiana delle galline cadde
giù.
Allora
camminò, camminò e camminò finchè arrivò alla collina verde e
rotonda circondata da anelli di terrazze, da cima a fondo, e gli girò
intorno tre volte, nel verso opposto
a quello
del sole, ripetendo ogni volta:
“Apriti,
porta! Apriti, porta!
E
lasciami entrare.”
E
la terza volta la porta si aprì, e lui entrò, e la porta si chiuse
di scatto e Childe Rowland rimase al buio.
Non
era esattamente buio, ma una specie di crepuscolo o penombra. Non
c'erano nè finestre nè candele e il giovane Rowland non riusciva a
capire da dove arrivasse quella luce crepuscolare, se non attraverso
le pareti o il soffitto. Questi erano formati da archi irregolari
fatti di roccia trasparente, incrostati di cristalli di mica e spato,
e altre pietre luccicanti. Ma nonostante la roccia, l'aria era
tiepida, come sempre ad Elfland. Così attraversò quel corridoio
finché arrivò a due porte pieghevoli, grandi e alte, che erano
socchiuse. E quando le aprì, gli si presentò davanti agli occhi uno
spettacolo meraviglioso e senza pari. Una sala grande e spaziosa,
così grande che sembrava essere lunga e larga quanto quella stessa
collina verde. Il soffitto era sostenuto da cinque pilastri, così
grandi e alti, che i pilastri di una cattedrale erano niente al
confronto. Erano d'oro e d'argento, tutti intarsiati, e fra l'uno e
l'altro e intorno a ciascuno c'erano corone di fiori fatte,
indovinate di che? Ebbene, di diamanti e smeraldi, e ogni specie di
pietre preziose. E le stesse chiavi di volta degli archi avevano per
ornamento grappoli di diamanti e rubini e perle e altre pietre
preziose. E tutti questi archi si incontravano nel centro del
soffitto e proprio lì, appesa ad una catena d'oro, ecco un'immensa
lampda ricavata da una grande perla scavata e perfettamente
trasparente. E nel mezzo di quella lampada c'era un enorme
carbonchio, che continuava aruotare intorno a sé, ed era proprio
questo che con i suoi raggi illuminava l'intera sala, e sembrava che
lì dentro stesse splendendo il sole al tramonto.
La
sala era arredata in modo altrettanto magnifico, e ad una estremità
c'era uno splendido divano di velluto, seta e oro e lì era seduta
Burd Ellen, che pettinava i suoi capelli d'oro con un pettine
d'argento. E quando vide Childe Rowland si alzò in piedi e disse:
“Che Dio abbia pietà di te, povero sciocco infelice,
Cosa ci fai qui?
“Ascoltami, mio giovane fratello,
Perché non sei rimasto a casa?
Anche se tu avessi centomila vite
Non potresti salvarne una.
“Ma siediti; ma sciagura, oh, sciagura, Il giorno che sei nato,
Perché quando arriverà il re di Elfland,
la tua sorte sarà segnata.”
Così
sedettero insieme e Childe Rowland le raccontò tutto quello che
aveva fatto e lei gli raccontò come gli altri due fratelli avessero
raggiunto la Torre Nera e fossero caduti vittime degli incantesimi
del re degli elfi e giacevano lì dntro come morti. E dopo che ebbero
parlato ancora un po' Childe Rowland iniziò ad aver fame a causa del
suo lungo viaggio e disse a sua sorella Burd Ellen quanto fosse
affamato e chiese del cibo, dimenticando completamente gli
ammonimenti di mago Merlino.
Burd
Ellen fissò tristemente Childe Rowland e scosse la testa, ma era
sotto incantesimo e non poté metterlo in guardia. Così si alzò,
uscì e ritornò immediatamente con una scodella d'oro piena di latte
e pane.
Childe
Rowland stava per portala alle labbra, quando guardò la sorella e
ricordò perché aveva fatto tutta quella strada. Così buttò a terra
la scodella e disse: “Niente berrò e niente mangerò finché Burd
Ellen libera non sarà.”
Proprio
in quel momento udirono un rumore di passi e una voce che gridava:
“Fe,
fi, fo, fum,
Sento
odore di sangue cristiano,
Vivo
o morto, con il mio brando,
Il
suo cervello dalla testa farò volare lontano9.
E
poi le porte pieghevoli della sala si spalancarono e il re di Elfland
si precipitò dentro. “Colpisci, demone, se ne ne
hai
il coraggio,” gridò Childe Rowland e gli corse incontro con la sua
valorosa spada che fino ad allora non aveva mai fallito. I due
combatterono, combatterono e combatterono, finché Childe Rowland
sconfisse il
re di Elfland, e lo costrinse ad inginocchiarsi e a
chiedere
pietà.
“Te
lo prometto,” disse Childe Roland, “libera mia sorella dai tuoi
incantesimi, restituisci alla vita i
miei fratelli e lasciaci andare tutti via, e io
ti
risparmierò.” “Va
bene,” disse il re degli elfi, e dopo essersi alzato si avvicinò
ad una cassapanca da cui prese una fiala piena di un liuuido rosso
sangue. Con quello unse le orecchie, le palpebre, le narici, le
labbra e la punta delle dita dei due fratelli che immediatamente
ritornarono in vita e affermarono che le loro anime erano volate via
ma ora erano ritornate. Il re degli elfi disse alcune parole a Burd
Ellen e quella fu liberata dall'incantesimo, poi tutti e quattro
uscirono dalla sala, attraversarono il passaggio e voltarono le
spalle alla Torre Nera per non tornarvi mai più. Così arrivarono a
casa e la buona regina madre e Burd Ellen non andarono mai più
intorno alla chiesa nel verso sbagliato.
FINE
1 Burd: possibili etimologie Bird, Beird, Brid,
Burd = giovane nobile o damigella (An Ethmological Dictionary of the
Scottish Language – a cura di Jhon Jamieson, 1808).
2 Il riferimento a mago Merlino ha fatto pensare
ad una sorta di spin-off del ciclo arturiano, altri critici pensano
che il riferimento a Merlino sia una sorta di onomatopea, essendo
Merlino il mago per eccellenza.
3 In originale: "widershins"
= opposto al corso del sole. Nella
tradizione popolare si crede che i
demoni si accostino al diavolo 'widdersins,' termine
che perciò viene
considerato foriero di malasorte.
4 Il termine 'chlde' indicava un giovane di nobili
origini.
5 La spada infallibile fa pensare a Excalibur, la
mitica spada di Artù e la buona reggina alla sua sposa Ginevra.
6 L'ammonimento di Merlino si giustifica con la
necessità di tenere segreto l'arrivo di Rowland nella terra delle
fate.
7 La proibizione di dividere il cibo con gli
abitanti del regno dei morti ricorda miti molto più antichi, come
quello di Proserpina, divinità dell'antica Grecia, che fu rapita dal
dio degli inferi, Plutone, e fu costretta e rimanere con lui per sei
mesi all'anno proprio per aver mangiato sei semi di melograno che il
dio le aveva offerto. Questo mito serviva a spiegare l'alternanza
delle stagioni: quando la dea dimorava agli inferi, infatti, la terra
era spoglia, quando ritornava in superficie, la natura rifioriva.
La terra di mezzo è quella abitata dagli
umani, a metà tra cielo e inferno
8 La donna sta descrivendo quella che dovrebbe
essere una tomba neolitica detta 'passage tomb' o tomba a corridoio,
tipiche dell'Europa preistorica. In Scozia ed Irlanda vi sono
mirabili ritrovamenti archeologici risalenti al 3000 avanti Cristo,
ad opera di popolazioni pre-celtiche. Queste tombe consistono in un
lungo corridoio, o passaggio, che conduce ad una o più camere
sepolcrali e venivano poi ricoperte di terra fino a formare delle
caratteristiche collinette. Che Elfland sia sotto una di queste
colline, è un elemento tipico della mitologia celtica.
9 Fi
Fi Fo Fum: Shakespeare
cita la ballata scozzese nel
King Lear--
Lo stesso ritornello
compare anche nella
più conosciuta fiaba
di “Jack e la pianta di faggiolo.”
Child Rowland to the dark tower came;
His word was still
Fie, foh, and fum!
I smell the blood of a British man.