mercoledì 3 giugno 2020

TA-NA-E-KA


Riti di passaggio


Ta-Na-E-Ka è l’espressione che gli indiani Kansa o Kanza o Kaw, usano per indicare il rito di passaggio che tutti gli adolescenti, maschi e femmine, devono affrontare a undici anni per dimostrare di essere in grado di sopravvivere da soli nella natura selvaggia.
 
Ma nel 1947, anno in cui la storia si svolge, non è che un lontano ricordo, eccetto per il patriarca della famiglia della giovane protagonista, Mary, che obbliga lei e suo cugino Roger a sottoporsi al rituale iniziatico. I due sono terrorizzati e, soprattutto, non ne capiscono il senso. Così la giovane Mary decide di affrontare la prova a modo suo, dimostrando di essere perfettamente in grado di sopravvivere nella società moderna, senza disubbidire al nonno, almeno formalmente, perché “ciò che non è proibito è lecito.”







di

 
MARY WHITEBIRD




Man mano che si avvicinava la data del mio compleanno, incominciai ad avere terribili incubi. Stavo raggiungendo l’età in cui tutti gli indiani Kaws1 devono prendere parte a Ta-Na-E-Ka. Molte delle famiglie più giovani della riserva stavano iniziando ad abbandonare le antiche usanze. Ma mio nonno, Amos Deer Leg, era devoto alla tradizione: invece delle scarpe, calzava ancora mocassini ricoperti di perline fatti a mano e teneva i suoi capelli grigio acciaio legati in lunghe trecce. Conosceva l’inglese, ma lo parlava solo con gli uomini bianchi. Con la sua famiglia usava un dialetto sioux2. Il nonno era l’ultimo indiano vivente (morì nel 1953, ad 81 anni) che avesse combattuto contro la cavalleria degli Stati Uniti. Non solo prese parte al combattimento, ma fu anche ferito durane una scaramuccia a Rose Creek – un famoso scontro in cui il celebre capo Kaw Flat Nose perse la vita.