Dolce dormir...
Peter
Klaus, il guardiano di capre (Peter
Klaus, der Ziegenhirt)
è
il racconto a cui Washington Irving si ispirò per scrivere Rip
Van Wikle.
La storia appartiene al folklore tedesco e fu raccolta e trascritta
da Johann
Karl Christoph Nachtigal
(1753 – 1819) meglio
conosciuto con lo pseudonimo di Otmar.
Teologo protestante e filologo, sulla scia dei più famosi fratelli
Grimm,
si dedicò al recupero delle storie della tradizione tedesca. Nel
1800 pubblicò Volke-Sagen
e
nella prefazione precisa che “… non sono effusioni
dell'immaginazione...
Esse sono storie vere raccolte fra la gente con estrema cura, dal
momento che stavano velocemente cadendo nell'oblio e qui vengono
narrate con un linguaggio il più semplice e fedele possibile.”
La
vicenda racconta l'incredibile avventura di un guardiano di capre,
che per recuperare una capretta smarrita, si inoltra in una gola di
montagna dove incontra dodici misteriosi e silenziosi cavalieri che
giocano a bocce e bevono buon vino. A Peter viene ordinato di
rimettere in piedi i birilli e lui, per rinfrancarsi dalla fatica,
incomincia a bere vino fino ad addormentarsi. Quando si sveglia
ritorna al suo villaggio per scoprire che sono trascorsi venti anni
ed è ormai un vecchio. I suoi concittadini, dopo l'iniziale stupore,
lo accolgono calorosamente.
La
mia
traduzione dall'inglese si basa sulla traduzione dal tedesco di
Thomas
Roscoe, TheGerman Romances,
Londra 1837, in 4 volumi.
Peter
Klaus, il guardiano di capre
di
Johann
Karl Christoph Nachtigal, alias Otmar
Nel
villaggio di Littendorf1, ai piedi di una montagna, viveva
Peter Klaus, un guardiano di capre che pascolava le sue greggi sulle
colline del Kyffhäuser2. Verso
sera era solito lasciargli brucare l'erba in un prato
circondato da un vecchio muro, da dove poteva passare in rassegna
tutto il gregge.
Aveva
notato che, per alcuni giorni, una delle sue capre più belle, quando
arrivavano in questo luogo, spariva, e non tornava fino a notte
tarda.
Controllò l'animale più attentamente e, alla lunga, lo vide scivolare attraverso una spaccatura nel muro. Lo seguì e lo trovò in una caverna, intento a mangiare allegramente semi di avena che cadevano uno ad uno dal soffitto. Guardò in alto, e scosse la testa nel vedere quella pioggia di avena ma, nonostante i suoi sforzi, non riuscì a scoprire niente altro. Da dove diavolo poteva venire? Dopo un po', sentì venire da sopra il nitrito e il calpestio di alcuni focosi cavalli e concluse che quell'avena doveva essere caduta dalle loro mangiatoie.
Controllò l'animale più attentamente e, alla lunga, lo vide scivolare attraverso una spaccatura nel muro. Lo seguì e lo trovò in una caverna, intento a mangiare allegramente semi di avena che cadevano uno ad uno dal soffitto. Guardò in alto, e scosse la testa nel vedere quella pioggia di avena ma, nonostante i suoi sforzi, non riuscì a scoprire niente altro. Da dove diavolo poteva venire? Dopo un po', sentì venire da sopra il nitrito e il calpestio di alcuni focosi cavalli e concluse che quell'avena doveva essere caduta dalle loro mangiatoie.
Così
il capraio se ne stette lì a chiedersi cosa ci facessero dei cavalli
in quella montagna desolata. D'un tratto arrivò lo stalliere e gli
fece cenno con la mano di seguirlo. Peter obbedì e lo seguì su per
alcuni gradini nella grotta che lo condussero ad un cortile murato e
poi ad una conca circondata da pareti rocciose, nella quale una
specie di luce crepuscolare penetrava tra i rami fronzuti degli
alberi in cima allo strapiombo. Continuò a camminare finché giunse
una radura pianeggiante ricoperta di fresca erba dove dodici vecchi
cavalieri dall'espressione arcigna giocavano a birilli, senza
profferir parola. La sua guida gli ordinò silenziosamente di
rimettere su i birilli e poi se ne andò.
Peter
obbedì tutto tremante, mentre, con occhiate furtive, osservava i
giocatori, le cui lunghe barbe e i farsetti ricamati erano
decisamente all'antica. Poco a poco, comunque, si fece più
sfacciato, e guardò ogni cosa intorno a lui con sguardo sempre più
fermo, in particolare, vedendo accanto a lui un boccale pieno di
vino, il cui odore era eccellente, ne bevve un sorso. Si sentì
rinato e, ogni volta che si sentiva affaticato per il troppo correre,
si rivolgeva con rinnovato ardore all'inesauribile boccale,
ricevendone ogni volta nuova forza. Ma alla lunga fu sopraffatto dal
sonno.
Quando
si risvegliò, si trovò ancora una volta nel prato recintato dove
era solito custodire le sue capre. Si stropicciò gli occhi, ma non
trovò né il cane né le capre e si stupì nel vedere a quale
altezza era cresciuta l'erba e tutti quegli arbusti e alberi che non
aveva mai notato prima in quel luogo. Scuotendo la testa, si
incamminò lungo le strade e i sentieri che era solito percorrere
tutti i giorni con il suo gregge, ma non riusci a trovare alcuna
traccia delle sue capre. Davanti a sé vide la città di
Sittendorf, e alla fine discese la collina con passo veloce, per
chiedere lì notizie del suo gregge.
Le
persone che incontrava andando al villaggio gli erano tutte
sconosciute, erano vestite in modo diverso e parlavano in maniera
diversa dai suoi vecchi vicini, quando poi gli chiese notizia delle
sue capre, quelli lo guardarono stupiti, fissando insistentemente il
suo mento. Senza volerlo, si portò la mano alla bocca e scoprì, con
sua grande sorpresa, di avere una barba lunga almeno un palmo. Egli
iniziò a sospettare che sia lui che il mondo intorno a lui fossero
sotto incantesimo, e di sicuro riconobbe la montagna, da cui era
appena disceso, come quella del Kyffhäuser, anche le case con i
loro giardini e cortili gli erano ben note. Inoltre, alcuni ragazzi,
alla domanda di alcuni viaggiatori, risposero che il nome del posto
era: Sittendorf.
Scuotendo
la testa, si inoltrò nel villaggio verso la sua capanna. La trovò
in pessime condizioni e all'esterno era disteso uno sconosciuto che
indossava uno sdrucito camicione da pastore e accanto a lui il suo
vecchio cane, che ringhiò e gli mostrò i denti quando lo chiamò.
Egli attraversò l'ingresso, che una volta era chiuso da una porta, e
trovò che era tutto deserto e abbandonato, così, barcollando come
un ubriaco, uscì dalla casa e chiamò la moglie e i figli per nome.
Ma nessuno lo sentì e nessuno gli rispose.
Subito, una
folla di donne e bambini si accalcò intorno all'uomo con la lunga
barba canuta e gli chiesero: che cosa cercava?
Gli sembrò così strano stare davanti a casa sua e chiedere di sua moglie o dei suoi figli, oppure di sé stesso che, per evitare di fare queste domande, pronunciò il primo nome che gli venne in mente, “Kurt Steffen!” La gente lo guardò senza parlare, finché una vecchia signora alla fine disse: “Negli ultimi dodici anni è stato a Sachsenburg, da cui, credo, oggi non sei arrivato.” “Velten Meier!” “Che Dio l'abbia in gloria!” gridò un'altra anziana donna appoggiata alla sua gruccia, “per questi ultimi quindici anni ha riposato in una casa che non lascerà più.”
Gli sembrò così strano stare davanti a casa sua e chiedere di sua moglie o dei suoi figli, oppure di sé stesso che, per evitare di fare queste domande, pronunciò il primo nome che gli venne in mente, “Kurt Steffen!” La gente lo guardò senza parlare, finché una vecchia signora alla fine disse: “Negli ultimi dodici anni è stato a Sachsenburg, da cui, credo, oggi non sei arrivato.” “Velten Meier!” “Che Dio l'abbia in gloria!” gridò un'altra anziana donna appoggiata alla sua gruccia, “per questi ultimi quindici anni ha riposato in una casa che non lascerà più.”
Peter
riconobbe in quelli che avevano parlato due dei suoi giovani vicini,
che sembravano improvvisamente invecchiati, ma non aveva voglia di
fare altre domande. Allora si fece strada tra la folla di curiosi
una giovane e vivace donna, con in braccio un bimbo di un anno e per
mano una ragazzina di circa quattro anni, tutti e tre erano proprio
uguali alla moglie. “Come vi chiamate?” chiese Peter con tono
sorpreso. “Maria.” “E vostro padre?” “Che riposi in pace!
Peyer Klaus, sono ora venti anni da quando lo abbiamo cercato giorno
e notte sul Kyffhäuser, da cui il suo gregge era tornato senza di
lui, e io allora avevo solo sette anni.” Il guardiano di capre non
riuscì a trattenesi più a lungo. “Sono Peter Klaus,” disse, “e
nessun altro!” e prese in braccio il bambino di sua figlia. Tutte
le persone presenti rimasero ammutolite per lo stupore, finché prima
uno, poi un altro incominciò a dire: “Sì, è lui, è Peter Klaus!
Bentornato, vicino! Dopo venti anni, bentornato!”
FINE
1 All'inizio
della storia il villaggio si chiama Littendorf, ma alla fine della
storia diventa Sittendorf.
2 La catena
montuosa del Kyffhäuser si
trova nella Germania centrale. Secondo un'antica leggenda,
l'imperatore Federico Barbarossa,
morto annegato nel 1190 durante la terza crociata, non sarebbe
mai morto, ma giace addormentato
in una camera segreta della montagna. Oggi
vi si
può ammirare un enorme
monumento alto 81 metri, inaugurato nel 1871 per volere del Kaiser,
in onore del Barbarossa e di Guglielmo I Hohenzollern. Da lontano
spicca la figura di Guglielmo I a cavallo. Sotto di lui, nell’ampia
nicchia di una roccia, vigila la statua di Federico Barbarossa, che
dorme seduto su un trono di pietra.
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