I racconti della buona notte
Ecco
una bella favola che ha come protagonisti una coppia di corvi che
abita su un vecchio pioppo nelle cittadina californiana di
Pearblossom (Fiordipero). La loro pacifica esistenza è turbata dal
loro invadente condomino, un vecchio e vorace serpente a sonagli che
vive in una buca ai piedi dell’albero e che è solito fare
colazione con le uova della signora Corvo. Sarà il vecchio e saggio
Gufo a trovare un’astuta soluzione ai loro problemi e a far sì che
il serpente resti vittima della propria
ingordigia.
I
corvi
di Fiordipero (TheCrows of Pearblossom,
1944) è una favola per bambini che Aldous Huxley, romanziere,
critico e saggista inglese, scrisse per la nipotina Olivia come
strenna natalizia. La bambina, che abitava a Pearblossom, era solita
trascorrere lunghi periodi a casa degli zii, nella loro casa nel
deserto del Mojave, e lo scrittore si divertiva a inventare storie
per lei e il fratello Siggy. I due bambini saranno nominati nella
favola insieme al loro vicino, il signor Yosts (Gustavo), che sarà
poi l’unico a conservare una copia del racconto pubblicato postumo
nel 1967.
🔆Consigli
per la lettura
Il
libro è stato pubblicato in Italia da:
Editrice
Il Castoro, con le belle illustrazioni di Beatrice Alemagna
I
corvi di Fiordipero
di
Haldus
Hxley
C’era
una volta due corvi che avevano il loro nido in un albero di
pioppo nella città di Fiordipero. In una buca ai piedi dell’albero
viveva un serpente a sonagli. Era molto vecchio e tanto grosso che
quando scuoteva i suoi sonagli, il rumore era così forte che lo
potevano sentire anche i bambini che stavano a scuola nella vicina
città di Roccelletta. Trascorreva quasi tutto il tempo a dormire ma,
puntualmente, ogni pomeriggio alle tre e mezza, strisciava fuori
dalla sua buca, si arrampicava su per l’albero e dava un’occhiata
nel nido dei due corvi. Se nel nido c’era un uovo, come succedeva
di solito, lo mandava giù in un sol boccone, guscio e tutto.
Dopodiché strisciava giù per l’albero, entrava nella sua buca e
si rimetteva a dormire. Quando la signora Corvo ritornava dal
negozio, dove andava a fare la spesa tutti i pomeriggi, trovava il
suo nido vuoto.
“Cosa
può essere successo al mio caro ovetto?” si disperava la poverina,
e si metteva a cercarlo in lungo e largo. Così, dopo il tè, ne
deponeva un altro.
Questa
cosa era andata avanti per un bel pezzo, quando un giorno la signora
Corvo ritornò a casa prima del solito e sorprese il signor Serpente
proprio mentre divorava il suo ultimo uovo.
“Mostro!”
gridò, “cosa stai facendo?”
Parlando
a bocca piena, il serpente rispose, “sto facendo colazione.” e
scivolò giù per l’albero fino alla sua buca.
Quella
sera, quando il signor Corvo ritornò a casa da Lagoameno, dove
lavorava come vice direttore nella locale drogheria, trovò sua
moglie che, tutta pallida e afflitta, camminava su e giù lungo il
ramo davanti al loro nido.
“Che
succede, Amalia?” chiese, “Hai un aspetto terribile. Non avrai
mica fatto indigestione un’altra volta, per caso?”
“Come
puoi essere così duro e insensibile?” scoppiò a piangere la
signora Corvo. “Eccomi qui che sfacchino tutto il giorno per te e
quando non lavoro depongo un uovo fresco ogni santo giorno, eccetto
la domenica, naturalmente, e le festività. Duecentonovantasette uova
all’anno e non un solo pulcino. E tutto quello che sai dire è se
ho fatto indigestione? E quando penso a quel terribile serpente, mi
viene la tremarella.”
“Serpente?”
disse il signor Corvo, “Quale serpente?”
“Quello
che si è mangiato tutti i miei cari ovetti,” disse la signora
Corvo, e scoppiò di nuovo a piangere. Quando infine fu in grado di
spiegare cos’era successo, il signor Corvo scuoté la testa, “E’
una faccenda seria,” disse, “questo è il genere di cose a cui si
deve porre rimedio.”
“Perché
non scendi nella buca del serpente e lo uccidi?” chiese la signora
Corvo.
“Non
so perché, ma mi sa che la tua non è una buona idea,” rispose il
signor Corvo.
“Arsenio,
tu hai paura!”
“Paura?”
ripeté il signor Corvo, “Non ho mai detto di avere paura. Tutto
quello che ho detto è che non penso che la tua idea sia poi tanto
buona. Potrei aggiungere che le tue idee sono raramente buone e
questo è il motivo per cui me ne andrò a fare quattro chiacchiere
con il mio amico Gufo. Gufo è un pensatore. Le sue idee sono sempre
eccellenti.”
Così
volò in cima al pioppo nel giardino del signor Gustavo dove il
vecchio Gufo aveva la sua casa. Il vecchio Gufo, che lavorava di
notte e dormiva di giorno, si stava giusto alzando dal letto quando
il signor Corvo bussò alla porta.
“Entra,
Arsenio,” disse, “scusa se mi presento in ciabatte.”
Il
signor Corvo si mise a sedere e, mentre il vecchio Gufo si radeva e
si pettinava le penne, gli raccontò tutta la storia.
“Bene,”
disse il vecchio Gufo alla fine, “Ovviamente, c’è soltanto una
cosa da fare.”
“E
sarebbe?”
“Aspetta
e vedrai.”
Detto
ciò, il vecchio Gufo aprì la porta e volò giù fino al giardino
del signor Gustavo che quel giorno aveva appena irrigato l’aiuola
dell’erba medica ed era ancora bagnato.
“Ma
è tutto fangoso,” disse il signor Corvo mentre toccava terra
accanto al suo amico.
“Arsenio,
tu parli troppo,” disse il vecchio Gufo, “Tieni il becco chiuso e
fai esattamente quello che faccio io.”
Ciò
detto, prese una bella manciata di fango e iniziò a dargli la forma
di un uovo: il signor Corvo fece lo stesso e quando ebbero finito, il
vecchio Gufo volò sul tetto della casa di Olivia, proprio dove il
camino saliva su dal salotto. La stufa stava bruciando e il camino
scottava. Il vecchio Gufo mise le due uova in una vecchia lattina e
la sistemò in cima al camino. Poi i due amici volarono di nuovo alla
casa del gufo e cenarono. Quando ebbero finito di lavare i piatti e
di ascoltare il concerto serale alla radio, erano ormai le dieci e la
luna risplendeva sopra le montagne.
“Penso
che quelle uova dovrebbero essere cotte ormai,” disse il vecchio
Gufo. Così volarono un’altra volta sul camino e di sicuro le uova
di creta erano cotte a puntino ed erano dure come un sasso.
“Di
che colore sono le uova di tua moglie?” chiese il vecchio Gufo.
“Verde
pallido,” disse il signor Corvo, “con piccole macchie nere.”
“Beh,
è una fortuna che Siggy stia dipingendo casa,” disse il
vecchio Corvo e, presa la lattina con le uova, volò fino al tavolo
fuori dalla porta della cucina dove c’erano diversi barattoli di
pittura e alcuni pennelli. Dopo aver dipinto le uova in modo che
sembrassero proprio uva vere, il vecchio Gufo e il signor Corvo le
fecero asciugare sul camino e poi, intorno alla mezzanotte, quando la
pittura era ben asciutta, volarono di nuovo sul vecchio pioppo dove
la signora Corvo li stava aspettando con impazienza.
“Ebbene,”
gridò, “chi di voi due ha deciso di scendere nella buca e di
uccidere il serpente?”
“Nessuno!”
urlò la signora Corvo, “Ci devono essere almeno
duecentonovantasette dei miei cari ovetti scomparsi giù per la gola
di quel vile serpente. Forse che il mio povero cuore deve continuare
a soffrire così giorno dopo giorno per sempre?”
“Amalia,”
disse il signor Corvo, “tu parli troppo. Chiudi il becco ed esci
dal nido.”
La
signora Corvo fece quello che le avevano detto e il vecchio Gufo
tolse le uova dalla lattina e le sistemò nel nido.
“A
che serve?” chiese la signora Corvo.
“Aspetta
e vedrai,” disse il vecchio Gufo e, ciò detto, se ne volò verso
Pianoro dove aveva appuntamento con un amico per andare a caccia di
topi della prateria.
Il
pomeriggio seguente, la signora Corvo andò come al solito giù al
negozio per fare la spesa. Mentre era via il signor Serpente si
svegliò e, sentendosi affamato, scivolò fuori dalla sua buca si
arrampicò su per l’albero e lungo il ramo fino al nido del signore
e della signora Corvo.
“Due
uova, oggi,” disse, “gnam, gnam,” e schioccò le labbra perché
sua madre aveva trascurato la sua educazione e così aveva delle
pessime maniere. Poi, allungò il collo e inghiottì le due uova
intere, prima una e poi l’altra. Dopo di che, si mise al sole
allungandosi sul ramo e incominciò a canticchiare una canzoncina:
Se
avessi le ali,
volerei
Se
avessi le gambe, correrei
Se
fossi un serpente, come sono, mi arrampicherei
Nel
nido dei corvi e le uova mangerei, ha, ha,
E
le uova mangerei.
Tutto
d’un tratto iniziò a lamentarsi, “quelle due uova devono avever
avuto un guscio veramente duro,” diceva tra sé e sé, “di solito
si rompono ancor prima di arrivare nello stomaco. Ma stavolta sembra
tutto diverso.” Ad un tratto iniziò ad avere un tremendo mal di
stomaco, “Ooh,” disse, “ooh, ahi.” Ma il mal di stomaco
pegiorava sempre di più, “ooh, ahi, uhi,” il signor Serpene
incominciò ad agitarsi e dimenarsi e torcersi e rigirarsi e si torse
e si rigirò talmente tanto che senza sapere cosa stesse facendo legò
il collo in un nodo scorsoio intorno al ramo e non riuscì più a
liberarsi. Ma la coda era ancora libera e continuò ad agitarsi con
quella e la agitò con tanta furia che si arrotollò e si aggrovigliò
in giravolte così complicate che alla fine la coda gli si
attorcigliò in un nodo da marinaio intorno ad un altro ramo
dell’albero.
Ed eccolo conciato per le feste e cercò
disperatamente di liberarsi, ma più ci provava più il nodo
diventava stretto. E nel frattempo le uova di creta che aveva dentro
gli provaocavano il più atroce mal di stomaco.
Dopo
un po’ la signora Corvo ritornò dal negozio e all’inizio, quando
vide il serpente, si spaventò, ma appena si rese conto che si era
legato come un salame, si sentì coraggiosa e procedette a dare una
bella lezioncina al serpente su quanto fosse malvagio mangiarsi le
uova degli altri.
“Da
quella volta, la signora Corvo ha covato con successo ben quattro
nidiate di diciassette piccoli ciascuna. E usa
il sepente come filo per i panni su cui far asciugare i pannolini dei
piccoli corvi.”
FINE
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